Quitfluencer e quietquitting: fenomeni da non sottovalutare
Lo stress e l’insoddisfazione nel mondo del lavoro, stanno lasciando spazio alla ricerca del benessere, di una visione condivisa o di retribuzioni più adeguate e proprio per questo sono sempre di più le persone che hanno scelto di dare le dimissioni e che desiderano approcciarsi a realtà che li soddisfino maggiormente.
Nell’ultimo periodo, infatti, stiamo vivendo un vero e proprio boom di dimissioni che andremo ad approfondire in questo articolo, affrontando due tematiche importanti e di cui le aziende devono tenere conto: il quitfluencer e il quietquitting.
Quitfluence e quietquitting: i dati
Secondo la ricerca, gli aspetti presi in considerazione che portano a cambiare occupazione sono diversi, ma per il 61% lo stipendio rappresenta il motivo principale.
In un contesto in continuo cambiamento, fatto di crescita e nuovi sviluppi, la retribuzione economica è un tassello importante nelle considerazioni che vengono fatte da una persona in cerca di lavoro. L’insoddisfazione salariale risulta essere quindi, nella stragrande maggioranza dei casi, la molla che porti al desiderio di cambiamento sotto diversi punti di vista.
Di fronte a tale situazione, i lavoratori scelgono di agire in maniere differenti:
- Il 35% degli insoddisfatti accetta pagamenti in nero
- Il 51% degli insoddisfatti cerca un secondo lavoro
- Il 49% degli insoddisfatti cerca una nuova occupazione con una retribuzione più alta
Ciò che però deve tenere in considerazione l’azienda, non è solamente la soddisfazione del singolo, correlata anche al suo inquadramento economico, ma anche come il suo malcontento si rifletta sulle altre figure in azienda.
È in questa occasione che è bene parlare di quitfluencer, un aspetto molto più diffuso e dannoso di quanto si possa immaginare.
Cosa è il quitfluencer?
7 lavoratori su 10, infatti, ammettono di aver preso in considerazione l’idea dopo aver visto i colleghi dare le dimissioni. Il 50% di questi, poi, decide di fare altrettanto.
Inoltre, il 61% dei lavoratori è fiducioso di poterne trovare uno migliore nei successivi 6 mesi.
Questo effetto domino, si percepisce maggiormente tra i giovani: questi non solo hanno più probabilità di essere influenzati dai colleghi, ma si ritrovano ancora con “tutta la vita davanti” che li porta a prendere queste decisioni con più facilità.
Proprio per questo motivo le aziende devono rivedere le loro priorità ed investire in iniziative di formazione, di sviluppo e di crescita del lavoratore.
Il quitfluencer risulta essere un enorme problema all’interno delle imprese, ma non è l’unico aspetto che non va sottovalutato in azienda.
Quando si parla di quietquitting?
Si tratta di un meccanismo che si muove in maniera quasi invisibile all’interno dell’azienda, dove potrebbero esserci potenzialmente diverse persone che stanno ricercando un nuovo impiego senza che nessuno ne sia al corrente.
Questo fenomeno porta non soltanto a un mancato impegno sul posto di lavoro e un distacco mentale durante la giornata da parte di quelle persone che stanno attuando il quietquitting, ma porta anche a dei potenziali ragionamenti sbagliati da parte dell’impresa.
Potrebbe essere che un’azienda abbia scelto di investire e di puntare proprio su quella figura che, in maniera silenziosa, sta scegliendo di allontanarsi dalla realtà in cui lavora.
Quali soluzione possiamo attuare?
Facciamo riferimento alla formazione continua, ad una retribuzione adeguata, a dei bonus, a delle premialità, allo smart working, al welfare aziendale e a tanto altro.
A nostro avviso, però, la chiave per ovviare queste spiacevoli situazioni è una: la comunicazione.
All’interno di un’impresa non si deve mai sottovalutare questo aspetto, a prescindere che si tratti di una piccola o grande azienda.
È necessario ascoltare i lavoratori e comunicare con loro per capire le loro necessità e valutare insieme se queste possono essere concretizzate