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Che cosa significa Welfare State?

Lo Stato sociale (o Welfare State) si è sviluppato in Europa Occidentale alla fine dell’Ottocento, dato il suo stretto legame con il modello di mercato capitalista. Il compito del Welfare State è quello di agire come livellatore e colmare gli effetti della competizione di mercato, con lo scopo di creare società meno diseguali (attribuendo ad ogni individuo stessi diritti e servizi) e più coese socialmente ed economicamente.

Il Welfare State quindi permette di creare società resilienti quando eventi inaspettati, impediscono agli individui e alle comunità di sostenersi con mezzi propri, e ad oggi, di fronte alla pandemia di Covid-19 questo argomento appare particolarmente provocatorio e attuale.

 

Limiti e disuguaglianze del Welfare State italiano

Già poco prima dell’emergenza sanitaria e del lockdown, durante il workshop “Le 3E del Welfare: efficacia, efficienza ed equità”, tenutosi a gennaio 2020, si analizzava il Welfare State italiano e la sua l’inefficienza nel far fronte alle disuguaglianze sociali ed economiche del Paese.

 

Il primo aspetto messo in luce durante tale incontro è quello della spesa pensionistica, molto alta in Italia, si concentra soprattutto nelle fasce (quintili) con redditi più alti, mentre molti pensionati, nei quintili più bassi, sono a rischio povertà. La spesa italiana inoltre è particolarmente contenuta rispetto agli altri paesi europei quando si tratta di disoccupazione, sanità pubblica, investimenti socioculturali, spesso le nuove risorse producono vantaggi per le classi sociali che dispongono di redditi medio-alti.

 

La seconda disuguaglianza creata dallo Stato Sociale italiano è legata ai tre “tipi ideali” di relazione tra PIL regionale e le prestazioni del Welfare State stesso. La prima relazione è nulla ossia il Welfare agisce in ogni territorio in maniera uguale e non incide sulle disuguaglianze territoriali. La seconda è di “compensazione” laddove l’economia regionale è più debole il Welfare State funziona meglio; la terza invece è di “rafforzamento”, le economie regionali più forti hanno anche Welfare migliore, andando a consolidare le differenze già esistenti tra regioni ricche e regioni povere. L’Italia risulta essere più vicina al modello di “rafforzamento”, soprattutto quando si tratta di settori nell’ambito dei servizi sociosanitari e dell’istruzione.

 

Un terzo tipo di disuguaglianza prodotta dal Welfare State è quella legata al genere, in Italia infatti vigono ancora molti stereotipi i quali circoscrivono il ruolo delle donne all’interno della società. Le politiche di conciliazione famiglia-lavoro invece sono terreno fertile in cui è necessario l’intervento pubblico, al fine di contrastare una volta per tutte l’uscita delle donne dal mercato del lavoro.

 

Il Welfare aziendale come soluzione

Ma come si può mantenere in vita un sistema di protezione sociale in un momento di crisi?

La soluzione che molti Paesi hanno intrapreso da tempo, è quello di permettere a corpi, che non siano lo Stato centrale, di erogare servizi sociali (Welfare mix) in grado di assorbire una parte dei costi relativi al tale sistema.

Uno dei protagonisti dell’epoca del Welfare mix è il Welfare Aziendale che è l’insieme dei benefit e dei servizi che l’impresa offre ai propri collaboratori al fine di migliorarne il benessere lavorativo e familiare.  La diffusione del Welfare Aziendale negli ultimi anni è stata incentivata da una serie di operazioni legislative che ne hanno reso vantaggioso la sua implementazione.

 

È importante sottolineare quanto il Welfare Aziendale sia un progetto win win, poiché ogni parte coinvolta ottiene dei vantaggi:

› l’imprenditore può detassare i premi erogati in credito welfare aumentando il benessere dei collaboratori e la loro produttività;

› il collaboratore ottiene benefici per sé e per la sua famiglia, che corrispondono ad un valore di benessere ben più alto del corrispettivo in denaro;

›  lo Stato (che opportunamente incentiva fiscalmente le aziende) spende meno per il welfare pubblico;

›  le istituzioni locali possono utilizzare al meglio (e mettere a disposizione) eventuali infrastrutture per l’erogazione di servizi legati al Welfare.

 

Quella del Welfare Aziendale quindi può essere una soluzione positiva capace di aiutare lo Stato ed assicurare ai cittadini servizi che purtroppo il Welfare State non riesce ad erogare correttamente, come per esempio tutto ciò che ha a che fare con la sanità integrativa e/o la previdenza complementare. Inoltre, incentivare il Welfare Aziendale con la defiscalizzazione è sicuramente un investimento che lo Stato sta attuando anche per aiutare le imprese e l’economia del Paese, dato che tali politiche, permettono alle aziende di essere più competitivi sul mercato.

 

Welfare aziendale 2020 – Decreto Legge agosto 2020

Di Welfare Aziendale come soluzione alla crisi post emergenza Covid-19,  se n’è recentemente parlato nel nuovo  “Decreto agosto” entrato in vigore il 15/08/2020.

Infatti, “la quota di beni e servizi ceduti dall’azienda” ai collaboratori, ossia la parte di fringe benefit (art. 51 c. 3 #TUIR) raddoppierà da 258,23 € previsti a regime a 516,46 €, con il fine di dare la possibilità alle persone di avere maggiore spendibilità per acquisti di buoni spesa e/o carburante. Una novità che però come sottolineato, sarà limitata all’anno d’imposta in corso, e quindi si applicherà esclusivamente per i fringe benefit riconosciuti nel 2020.

 

In attesa di ulteriori novità in materia, che potrebbero arrivare con la riforma dell’Irpef all’interno della Legge di Bilancio 2021, vi invitiamo a contattarci a info@happily-welfare.it se interessati a saperne di più!

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