Il welfare come supporto alle famiglie

Gli italiani, per poter avere badanti e baby-sitter a supporto delle loro famiglie, spendono tra i 26 miliardi e i 34,4 miliardi l’anno.

 

Dopo oltre un anno di pandemia, diverse famiglie hanno dovuto fare i conti non soltanto con difficoltà a lavoro, limitazioni, regole, zone gialle, arancioni o rosse, ma anche con la necessità di dover ricorrere a figure che per alcuni erano quasi “sconosciute”, ovvero badanti e baby-sitter.

 

Il divieto di spostamento tra comuni o tra regioni, ha reso molto più complesso e difficile il poter andare a trovare i propri parenti che necessitavano di maggiore supporto, ma la pandemia, con la chiusura delle scuole, ha messo anche un altro bastone tra le ruote a tutti quei genitori che, nonostante si ritenessero fortunati a poter avere un lavoro diversamente da altri, e di non essere stati messi in cassa integrazione, si sono ritrovati ad avere i figli a casa da soli, con la loro nuova migliore amica: la didattica a distanza.

 

 

Proprio per questa situazione spiacevole, nell’ultimo periodo, non solo è aumentata la richiesta di badanti e baby-sitter all’interno dei nuclei familiari, ma tutte quelle persone che già ricoprivano questi ruoli, sono state finalmente assunte e si è andato a ridurre di conseguenza gran parte di quel lavoro che veniva gestito in nero.

 

Difatti, secondo il segretario generale dell’Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, Lorenzo Gasparrini, l’emergenza sanitaria ha portato ad un aumento del fabbisogno di assistenza da parte delle famiglie e ad un boom di assunzioni di questa categoria di lavoratori: oltre 50mila assunzioni nel mese di Marzo 2020, con un +58,5% rispetto all’anno precedente, 25mila ad Aprile 2020, 30mila a Maggio 2020.

 

Nonostante il tasso di irregolarità all’interno di questo settore, è stato stimato che le famiglie italiane, per poter avere queste figure a supporto nella loro quotidianità, spendano tra i 26 miliardi e i 34,4 miliardi l’anno. 

 

Questi dati provengono dalla ricerca della Filcams Cgil, secondo cui circa 3,7 milioni di famiglie (il 15% del totale) si avvalgono di un aiuto esterno per l’assistenza familiare per un totale di 2,3 collaboratori domestici.

 

Queste figure sono quindi coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare ed è evidente che stiano diventando sempre più importanti all’interno delle nostre vite, basti pensare che secondo il Censis, che ha pubblicato uno studio sui servizi alla persona, ci sono un milione e 655 mila badanti in Italia. Un dato che è aumentato del 53% negli ultimi dieci anni.

 

 

Ed è proprio di fronte a questi numeri che le aziende devono riflettere e pensare a cosa possano fare per essere di aiuto verso i propri lavoratori; non solo di fronte ad una situazione particolare come è stata la pandemia, ma anche in un contesto più “normale” e quotidiano, come l’estate, che da sempre risulta essere un periodo in cui molte persone debbano ricorrere a supporti esterni per la propria famiglia.

 

Spesso mancano le forme di sostegno giuste per favorire un soddisfacente work-life balance, ma introducendo il giusto piano di welfare aziendale, le imprese possono fare davvero molto per le proprie risorse, offrendo un supporto dedicato alla famiglia che migliorerà non soltanto lo stile di vita dei propri collaboratori, ma che garantirà anche una maggiore soddisfazione nell’ambito lavorativo e di conseguenze una produttività più elevata.

 

 

Introducendo il piano di Welfare in Azienda, quindi, si può offrire ai propri dipendenti la possibilità di ottenere il rimborso in busta paga per le spese sostenute per l’assistenza ai familiari anziani e per i familiari che non sono autosufficienti, ma anche quello per le spese per l’assistenza ai neonati e ai minori, dando così ai propri collaboratori ed alle loro famiglie, maggiore attenzione e supporto anche nella loro vita privata.

 

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